Comi, Girolamo

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  • Codice identificativo: AD900AU-109935
  • Tipologia: Persona Fisica
  • Date di esistenza: 1890-11-23/1968-04-03
  • Attività: Poeta, scrittore, editore, imprenditore
  • Storia: COMI, Girolamo
    Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 27 (1982)
    di Madga Vigilante
    COMI, Girolamo. - Nacque a Casamassella (Lecce) il 23 nov. 1890, da Giuseppe e da Costanza de Viti de Marco. La famiglia paterna vantava il titolo baronale di Lucugnano (Lecce), dove possedeva delle proprietà, mentre la madre era sorella del celebre economista e meridionalista Antonio de Viti de Marco. Il C. intraprese gli studi medi e medi-superiori a Maglie e Lecce, con scarso profitto e piuttosto irregolarmente; in seguito, dopo la morte del padre (26 nov. 1908), fu inviato dalla madre in un collegio ad Ouchy, presso Losanna, percompletare la sua istruzione scolastica. Durante il soggiorno elvetico, che durò fino al 1912, il C. si interessò alle teorie antroposofiche di Rudolf Steiner, seguendo una vocazione per i problemi dello spirito, maturata in quegli anni ed inizialmente orientata verso la ricerca della "comunione con il tutto" nel senso di una panica partecipazione dell'individuo alla vita dell'universo.
    Nel 1912 il C. pubblicò a sue spese, presso un libraio ebreo di Losanna, Frankfurter, la prima raccolta di poesie, Il Lampadario, che ottenne una favorevole recensione sul Mercure de France, ad opera del critico Ricciotto Canudo.
    Presentando il giovane poeta, il Canudo rilevava l'intrinseca affinità del C. con un gruppo di poeti, tra i quali l'Onofri, attivi in quel periodo a Roma e fautori di un rinnovamento dall'interno della poesia italiana, per impulso del simbolismo francese, e della filosofia ed estetica idealista. L'accostamento è indicativo in quanto il C. non aveva alcun contatto con l'ambiente romano, e l'incontro con Onofri avverrà solo alcuni anni più tardi.
    Stabilitosi a Parigi dal 1912 al 1915, il C. approfondì lo studio dei grandi simbolisti francesi, da Baudelaire a Mallarmé, e frequentò i circoli culturali della capitale, stringendo amicizia con Verhaeren, Claudel e Valéry. Il C. educava quindi il proprio gusto poetico non solosui testi fondamentali della poesia simbolista francese, ma anche attraverso incentri destinati ad incidere profondamente sulla sensibilità del giovane poeta, la cui formazione letteraria risentiva delle più varie suggestioni, comprese quelle pascoliane e soprattutto dannunziane.
    Il 22 maggio 1915 il C. fu chiamato alle armi in Italia, per la mobilitazione generale seguita alla decisione del governo italiano di partecipare al primo conflitto mondiale. L'esperienza militare del C. fu particolarmente drammatica: a causa di un suo carteggio pacifista tenuto con un amico francese, egli fu processato a Chieti per disfattismo, e venne dapprima condannato alla pena di sei mesi di detenzione, commutata in carcere militare il 16 dic. 1915. Successivamente per l'intervento dello zio de Viti de Marco, deputato radicale, la condanna fu commutata nel trasferimento in prima linea, sull'altopiano di Asiago; ma a contatto con la realtà feroce della guerra, il C. subì un trauma tale da essere inviato in congedo illimitato per "nevrastenia cerebrale".
    Rientrato dal fronte, il C. sposò a Milano, nel 1919, Erminia de Marco, figlia di un ricco agricoltore industriale milanese di origine salentina, e a partire dal 1920, alternò la sua residenza tra Lucugnano e Roma, dove svolse un'intensa attività letteraria, in collaborazione con Moscardelli e Onofri.
    Infatti il C., pur essendo di natura schiva e riservata, e poco dedito alla vita mondana, ebbe modo di conoscere a Roma i due poeti con i quali fondò e diresse le edizioni "Al Tempo della Fortuna", iniziando un sodalizio che, si costituiva sulla base di comuni interessi spirituali e di analoghi orientamenti estetici e letterari. In particolare il C. condivideva con Onofri il riconoscimento dell'importanza da attribuire "alla funzione della parola, intesa come segno spirituale universale e come lievito dello sviluppo di una poesia in via di divenire linguaggio dell'anima"; inoltre li accomunava una serie di letture e riferimenti culturali (dall'antroposofismo al magismo, e alla poesia simbolista francese), acquisiti per vie indipendenti durante il loro apprendistato letterario. La fraterna amicizia che unì il C. a Onofri, Moscardelli, e Buonaiuti (con il quale stabilì un sodalizio spirituale a partire dal 1928) avrà un peso non irrilevante sulla futura evoluzione spirituale del C., il quale dall'iniziale sentimento panico dell'universo, esperito nei modi di un "culto quasi orgiastico dell'Io", passerà alla consapevolezza di un "ordine magico e misterioso che governa il cosmo..." e rinvia ad una realtà trascendente.
    Nel 1929 il C. riunì in un unico volume, Poesia (1918-1928), edito a Roma, una scelta di componimenti appartenenti alle prime quattro plaquettes: Lampadario (Lucugnano 1920), da non identificare con la prima opera di uguale titolo, pubblicata a Losanna nel 1912, (e successivamente rifiutata dal poeta), I rosai di qui (ibid. 1921), Smeraldi (ibid. 1925), Boschività sotterra (ibid. 1927), e venticinque nuove liriche, oltre al Cantico dell'albero, già apparso in Nuova Antologia (1° ag. 1928, p. 294). In queste prime prove, il C. esprime i suoi "stati d'animo panteistici, e panici", pervasi da una "terrestre ebbrezza", con moduli stilistici nei quali è evidente la lezione del simbolismo francese da Baudelaire a Rimbaud, a Mallarmé, e anche della cultura pittorica europea d'avanguardia: i fauves, i nabis.
    Le cinque liriche della plaquette I rosai di qui, comprese nella raccolta antologica, erano infatti originariamente indicate come "5 sinfonie per musica e pittura", e offrono una vivida serie di immagini intensamente coloristiche, alla quale si unisce una sapiente orchestrazione di allitterazioni, assonanze, consonanze ("aromi radiosi", "raso radioso", "arborea aria") in versi fonicamente accordati. Questa particolare attenzione rivolta ai valori fonici della parola domina la prima produzione poetica del C., e coordina le singole immagini per via di legami più musicali che sintattici. Alla fitta trama di iterazioni sonore corrisponde inoltre la ripetizione quasi ossessiva di determinati motivi, tra i quali emerge, ad esempio, quello dei rosai fiammeggianti, già presente nella raccolta poetica Il Lampadario del 1912, ed ora sviluppato con "effetti di un'opulenza lievemente liberty, che ricorda la mania dannunziana per le rose" (Tondo, p. 148).
    Il Cantico del tempo e del seme (Roma 1930) rivela invece una precisa volontà di raccordare il totale annullamento dell'io nel mondo naturale a motivazioni filosofiche, che determinano sul piano espressivo la presenza di un linguaggio più rigoroso ed esatto, depurato da quella tensione eccessiva, e tendenza ad una effusione illimitata in cui spesso si esplicava la vena creativa.
    La ricerca di un maggiore rigore stilistico può documentare un tardo influsso della Ronda (nella prosa iniziale La terra di qui siavverte una reminiscenza cardarelliana), ma il valore affidato dal C. alla parola ha una genesi diversa da quella puramente letteraria della rivista romana, e si fonda sulla convinzione che il poeta costruisce una sua realtà formale in cui "il vocabolo è veramente sangue" e "sceglierlo, situarlo... fa parte di un gaudioso rito".
    Nella successiva raccolta Nel grembo dei mattini (ibid. 1931) si delinea il graduale passaggio del C. ad una concezione teologica del mondo: tre terzine del Paradiso dantesco (VII, 33 ss.) sono poste aepigrafe del volume, e forniscono la chiave di lettura del testo poetico, dove permangono tuttavia tracce di immanentismo accanto ad un sentimento della trascendenza non ancora risolto nella fede cattolica. Il poeta scorge una magica armonia prestabilita nell'universo, in cui si manifesta "il germe di dio che sfolgora / dentro la moltitudine..." (Belle carni del cosmo); una nuova realtà spirituale sostanzia quindi la poesia e le conferisce un tono epico di inno gioioso e riconoscente, che trova nelle forme chiuse (terzine, quartine, sonetti) e nella metrica tradizionale lo strumento espressivo più adeguato. Anche il Cantico dell 'argilla e del sangue (ibid. 1933) propone il singolare coesistere di componenti panteistiche e teistiche, non ancora completamente saldate in una nuova sintesi dalla raggiunta coscienza religiosa del C., il quale nel 1933 si convertì al cattolicesimo. La natura è tuttora rappresentata nei termini di una sensualità panica (Il cantico del mare), ma il sentimento cosmico del poeta si spiritualizza ed attinge al trascendente nel motivo della luce, la quale è manifestazione visibile del verbo divino: "Il tuo linguaggio profondo / è come un'ala distesa / un'ala di luce rappresa..." (Il verbo).Tra le due raccolte poetiche si colloca la prosa Poesia e conoscenza (ibid. 1932), la prima di una serie di opere teoriche del C., che costituiscono il commento illuminante alle sue più significative esperienze esistenziali.
    Nel 1933 il processo spirituale del C. approdò definitivamente al cattolicesimo: la conversione religiosa è maturata durante le conversazioni con l'amico Buonaiuti e con il padre gesuita André de Bavier; ma senza dubbio è stata influenzata anche dalla lettura di quelli che il C. definisce i suoi maestri: Pascal, analizzato nel breve Commento a qualche pensiero di Pascal (ibid. 1933), Dante e, attraverso lui, s. Tommaso, infine s. Paolo. D'altra parte lo stesso esercizio poetico lo aveva condotto ad approfondire la sua meditazione sulla parola in direzione di un misticismo linguistico, attraverso cui si attua la certezza della comunione con l'assoluto ed il recupero pieno e totale della fede cattolica, come documenta il testo in prosa Necessità dello stato poetico (ibid. 1934) che - insieme con il precedente Poesia e conoscenza- rappresenta una compiuta illustrazione della poetica comiana.
    La successiva produzione del C. è caratterizzata dal rinnovamento stilistico e tematico operato dall'adesione al cattolicesimo, sulla quale l'opera in prosa Aristocrazia del cristianesimo (ibid. 1937) offre una testimonianza estremamente preziosa.
    Nei quattro canti che formano il poemetto Adamo - Eva (ibid. 1935), il motivo religioso del peccato originale è introdotto direttamente dalla prima coppia umana, la quale rievoca la propria caduta non come un contrasto insanabile tra il bene e il male, destinato a perdurare nei secoli, ma come la matrice di una futura umanità, che realizzerà il ritorno al cielo: "... Or nel mio corpo ch'è pietrificato / passa il respiro tuo, Umanità / che mi solleva e mi solleverà / fino a ridarmi l'Alba che ho violato..." (Primo canto di Adamo).
    Il poemetto fu incluso nella seconda raccolta antologica del C., Poesia 1918-1938 (ibid. 1939), dove non compaiono i componimenti anteriori al 1931, giudicati dal poeta più come espressione di una ricerca e "consumazione" di un'esperienza della poesia, che non come un corpus poetico organico e costruttivo. 1 nuovi testi del volume sviluppano il concetto fondamentale che il cristiano rivive simultaneamente "la caduta e la redenzione", verificandolo nell'esperienza individuale del poeta ... "e se la carne cade ed è malata/ nel mio spirito ondeggiano le mosse / d'una fiamma che m'è stata donata..." (Alito primo).
    Trascorso il drammatico quinquennio della seconda guerra mondiale a Roma, il C. si trasferì nel 1946 a Lucugnano, dopo la rottura definitiva con la moglie, motivata da screzi e incomprensioni profondi e inconciliabili, che avevano tormentato il matrimonio fin dall'inizio. Nella cittadina del Salento il C. promosse alcune concrete iniziative culturali: il 3 genn. 1948 fondò l'Accademia Salentina con l'appoggio di amici quali Oreste Macrì, Luciano Anceschi, Maria Corti ed altri; l'anno seguente iniziarono le pubblicazioni dell'Albero, rivista ideata e diretta dal Comi. Intanto la situazione economica del C., decisamente poco dotato per l'amministrazione dei propri beni, si deteriorava negli anni successivi e, investite infruttuosamente le ultime risorse patrimoniali nel 1953 per costituire "la casa editrice de L'Albero", egli fu costretto a trascorrere l'ultimo periodo della sua vita fra privazioni e rinunce, alleviate solo dell'assidua assistenza della fedele governante Tina Lambrini, e dal sostegno morale di pochi amici e dell'umile gente di Lucugnano.
    Nel 1954 il C. pubblicò a Lucugnano la terza antologia poetica, Spirito d'armonia, che ottenne nello stesso anno il premio "Chianciano" di poesia.
    Il volume riunisce i componimenti di un quarantennio (1912-1952), selezionati secondo criteri di ordine prevalentemente artistico; il titolo della raccolta riproduce quello della sezione, dove figurano i testi composti tra il 1939 e il 1952. Anche in queste poesie della piena maturità si possono riconoscere delle componenti sensuali ed estetizzanti, ma ormai la bellezza del creato è intimamente connessa al suo creatore, e la parola del poeta accede ad un "cantico che loda / la cosmica armonia ove s'addensa / la dovizia della Tua onnipotenza" (Conoscenza di Dio, I). Tuttavia l'esplicita volontà di celebrare la natura come manifestazione della potenza divina, non sempre raggiunge esiti realmente poetici, più evidenti quando l'ispirazione deriva da personali motivi autobiografici, sia pure privi di ogni riferimento contingente.
    La nuova raccolta Canto per Eva (Lucugnano 1958) comprende quattro gruppi di liriche che sono accomunate da un tema centrale, ispirato all'esaltazione di un archetipo femminile in cui si sommano le immagini delle donne amate dal poeta. Naturalmente nel simbolo che li racchiude, i diversi "tipi" umani perdono i connotati personali ed episodici, perché il C., coerente con l'impostazione generale della sua opera poetica, trasferisce anche l'esperienza amorosa su un piano cosmico e spirituale.
    Dal 1961 le condizioni fisiche del C., provato duramente dalle privazioni e preoccupazioni. degli ultimi tempi, diventarono sempre più precarie: egli fu soggetto a disfunzioni e crisi frequenti, superate per l'amorosa assistenza di Tina, con la quale si unì in seconde nozze nel 1965 (la prima moglie era morta nel 1953). Il difficile periodo esistenziale del C. suggerì il titolo dell'ultima opera, Fra lacrime e preghiere (Roma 1967), dove predominano le istanze religiose che conferiscono alla poesia il carattere di strumento, attraverso il quale si perviene alla coscienza del divino. Significativamente il volume è concluso dalla lirica Cristo, la cui profonda concettuosità non manca di accenti umani nell'aspirazione a disfarsi "del giogo d'ogni fuggevole bene", per raggiungere, con l'anima e il corpo puri, il regno della luce e beatitudine eterna.
    Il C. morì a Lucugnano il 3 apr. 1968.
    Fonti e Bibl.: E. M. Fusco, La lirica, II, Milano 1950, pp. 115 s.; A. Bocelli, Poesia di C., in G. Comi, Sonetti e poesie, Milano 1960, pp. 7-19; G. Barberi Squaratti, La cultura e la poesia ital. del dopoguerra, Bologna 1966, p. 116; D. Valli, Valori lessicali e semantici nella poesia di G.C., in Saggi sulla poesia ital. del Novecento, Lecce 1967, pp. 7-56; G. Pozzi, G.C., in La Poesia ital. del Novecento. Da Gozzano agli ermetici, Torino 1967, pp. 105-109; O. Macrì, Verbo e tecnica nella poesia di G.C., in Realtà del simbolo, Firenze 1968, pp. 33-71; L. Malagoli, Il senso del mistero e la vita cosmica: Onofri, Rebora, C., in L'Anti-Ottocento. La rivoluzione poetica in Italia, Firenze 1972, pp. 117-123; D. Valli, Il misticismo dell'intelligenza: profilo di G.C., in Anarchia e misticismo nella poesia ital. del primo Novecento, Lecce 1973, pp. 335-365; Id., App. filol. e biografica, in G. Comi, Opera poetica, Ravenna 1977, pp. 349-462; M. Tondo, G. C., in Icontemporanei, III, Milano 1974, pp. 143-159. Delle numerose recensioni apparse in occasione della pubblicazione delle singole opere si citano qui le più significative: R. Canudo, Lampadario, in Mercure de France, 1° ott. 1912, p. 656; S. Solmi, Poesia, in L'Italia che scrive, 2 giugno 1929; N. Moscardelli, Nel grembo dei mattini, in L'Italia letter., 12 apr. 1931; C. Betocchi, Poesia di C., in Il Frontespizio, maggio 1934, pp. 15-16; E. Buonaiuti, Stato poetico, in Religio, sett. 1934, p. 480; A. Bocelli, Spirito d'armonia, in Il Mondo, 10 ag. 1954; A. Frattini, Un'esperienza poetica, in L'Osservatore romano, 2 dic. 1956; D. Valli, Vita del linguaggio nella poesia di C., in La Gazzetta del Mezzogiorno, 19 nov. 1958; Id., Storia e letteratura nella poesia di G.C., in La Fiera letteraria, 26 apr. 1959; M. Grillandi, G. C., in Gazz. del Sud, 7 nov. 1967; C. Bo, Letture di poeti, in Corr. della sera, 4 apr. 1968; D. Valli, Preistoria di C., in L'Albero, 1976, n. ss, pp. 51-83; A. Frattini, Ritorno di un poeta cristiano, in L'Osserv. romano, 16 nov. 1977.
  • Fonti (vedi legenda): Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 27 (1982)
  • Ultimo aggiornamento: 2014-02-28

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