Cena, Giovanni

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  • Codice identificativo: AD900AU-104042
  • Tipologia: Persona Fisica
  • Date di esistenza: 1870-1917
  • Attività: poeta, narratore e critico
  • Storia: Giovanni Cena (Montanaro 1870 – Roma 1917) fu poeta, narratore e critico attento sia ai fenomeni artistici sia a quelli letterari. Nato da artigiani poverissimi, compì parte degli studi nel seminario di Ivrea ma ne fu cacciato e si preparò da solo alla licenza liceale, che conseguì al Liceo D’Azeglio di Torino. Iscrittosi all’Università (1892), fu allievo di Arturo Graf, che fu il primo ad apprezzare i suoi scritti; per mantenersi agli studi esercitò vari mestieri e attività: fu ripetitore in alcuni collegi di Torino, correttore di bozze e operaio, ma le gravi difficoltà economiche ostacolarono il regolare compimento della sua istruzione accademica. A partire dal 1902 si trasferì a Roma, dove era stato nominato redattore-capo della «Nuova Antologia»; iniziò così un periodo di intensa attività culturale, di viaggi e lunghi soggiorni all’estero (in particolare a Parigi e a Londra), che lo misero in contatto con i personaggi più in vista dell’arte e della letteratura. Pubblicò numerosissimi articoli, intervenendo dalle pagine della rivista nella vita intellettuale del suo tempo. La sua sensibilità alle condizioni degli umili e dei diseredati si espresse attraverso un poemetto in versi, Madre, pubblicato nel 1897 e ampiamente lodato da DeAmicis; a questo seguirono le raccolte di liriche intitolate In umbra (1899) e Homo (1907). Il suo unico romanzo, parzialmente autobiografico, intitolato Gli Ammonitori, uscì in tre puntate sulla «Nuova Antologia» nel 1903 e fu raccolto in volume nel 1904: in quest’opera Cena, fortemente influenzato da Ibsen e dai narratori russi e forse non lontano da posizioni anarchiche, espresse il suo pensiero e la sua filosofia, volta a ridare dignità ai poveri e agli oppressi. Nello stesso anno iniziò anche la sua opera di assistenza ai «guitti» (braccianti) delle Paludi Pontine e dell’Agro Romano, cui era stato introdotto da Sibilla Aleramo, sua compagna per sette anni. Insieme all’igienista Angelo Celli e all’educatore Alessandro Marcucci fondò una settantina di scuole, cercando di migliorare le condizioni di vita dei contadini e di provvedere alla loro alfabetizzazione; ciò gli valse la medaglia d’oro conferitagli nel 1913 da Vittorio Emanuele III per le «non comuni e gratuite prestazioni». Durante la guerra fu corrispondente dal fronte per la «Nuova Antologia» e fondò un giornale destinato ai soldati, «Il Piccolissimo». Morì il 6 dicembre 1917, a causa di una polmonite che aveva contratto mentre si prodigava a distribuire i sussidi ai profughi serbi.

    Nel Centro Studi «Guido Gozzano – Cesare Pavese» di lui si conservano circa 480 carte, che comprendono sia la corrispondenza con i famigliari, con uomini politici e letterati (Cecchi, De Frenzi, Ferrettini, Frola) sia una copiosa serie di manoscritti dei suoi articoli, dei saggi e dei testi letterari e poetici, parte dei quali inediti; sono qui raccolti inoltre i dattiloscritti riguardanti l’opera in favore dell’Agro Romano e la mostra organizzata per raccogliere fondi, le lettere circolari e gli stampati sulle Scuole per i contadini dell’Agro Romano e della Palude Pontina e della Commissione operaia per il ricevimento delle associazioni popolari e delle comitive operaie (1901 e 1902); è anche documentata l’attività di distribuzione dei sussidi durante la guerra; oltre a questi scritti il Centro Studi conserva le bozze corrette dei Sonetti per la patria; due suoi schizzi a matita e copia di quanto Cena pubblicò sulla «Nuova Antologia» e su altre riviste e giornali (in particolare «Il Giornale dell’Arte», «Il Venerdì della Contessa» e la «Gazzetta del Popolo della Domenica») nonché della sua corrispondenza con Edmund Rod (1901-1906). Fanno parte del Fondo Cena anche pubblicazioni, ritagli di giornale e opuscoli commemorativi editi nel cinquantenario della morte.
  • Fonti (vedi legenda): 4: Centro Studi Gozzano Pavese
  • Ultimo aggiornamento: 2011-12-16